Tra le misure iniziative per ripopolare foreste in zone di piantagioni di caffè, lavorare con i coltivatori per ridurre l’uso dei fertilizzanti e distribuire alberi particolarmente resistenti al clima. In programma anche l’acquisto di compensazioni delle emissioni di carbonio, laddove non sia possibile tagliarle
LONDRA – È il simbolo del caffè “all’italiana” nel mondo, anche se lo ha in realtà americanizzato e profondamente trasformato. Adesso la Starbucks intende distinguersi anche come il marchio che si impegna di più nel suo settore a ridurre l’inquinamento dell’atmosfera. L’azienda di base a Seattle ha annunciato una serie di ambiziosi obiettivi per ridurre le emissioni nocive e conservare le risorse d’acqua nella produzione del caffè che acquista dagli agricoltori. Il piano mira ad arrivare a impatto zero di carbonio entro il 2030.
Tra le misure considerate dal progetto ci sono iniziative per ripopolare foreste in zone di piantagioni di caffè, lavorare con i coltivatori per ridurre l’uso dei fertilizzanti e distribuire alberi particolarmente resistenti al clima. C’è inoltre in programma l’acquisto di compensazioni delle emissioni di carbonio, nell’ambito in cui non sia possibile tagliarle.
“Avvertiamo un senso di urgenza da parte dell’opinione pubblica mondiale”, dice Michelle Burns, vicepresidente della Starbucks, intervistata da Bloomberg. L’agenzia di informazione economica nota che consumatori più consapevoli e più favorevoli a un’economia sostenibile sono preoccupati dell’impatto ambientale delle loro scelte, richiedendo maggiori notizie sul luogo da cui proviene il loro cibo e sul modo in cui viene coltivato. L’anno scorso la società che ha popolarizzato il frappuccino e altre varianti del cappuccino e del caffè italiano si è impegnata a usare risorse rinnovabili nella sua catena di produzione e quelli resi noti ora sono i primi passi in questa direzione.
La misurazione delle emissioni nocive provocate dall’industria del caffè è una nuova area nella lotta al cambiamento climatico. La Starbucks ammette di non avere tutte le risposte al problema di come diventerà una compagnia a zero emissioni di carbonio entro dieci anni ma è fiduciosa di riuscire a trovare più soluzioni strada facendo. “Nemmeno nel 2004 avevamo tutte le risposte”, osserva la vicepresidente Burns, riferendosi all’anno in cui il programma di sostenibilità ebbe inizio. Fondata a Seattle nel 1971, è la più grande catena di caffetterie al mondo, con 28720 punti vendita, di cui 12 mila negli Stati Uniti. Dal 2018 ha cominciato ad aprirne anche in Italia, con i primi due a Milano e uno a Torino, a cui dovrebbero seguirne numerosi altri.
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Fonte: repubblica.it
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