L’inquietante teoria di una ricerca dell’Università di Innsbruck è però criticata da uno studio della Roosevelt University di Chicago
Chi beve caffè amaro, preferendolo a quello zuccherato o ingentilito dal latte, potrebbe nascondere una psicopatia con tendenze sadiche. È la tesi di uno studio svolto all’università di Innsbruck il cui risultato, pubblicato sulla rivista “Appetite”, suggerisce una correlazione fra tratti di personalità sadici o psicopatici e preferenze per il caffè nero e altri gusti amari.
Della serie: se avete conosciuto da poco una persona che vi piace molto, aspettate di capire come preferisce il suo caffè prima di innamorarvi.
La ricerca è datata 2015 ma è di recente tornata in auge, citata dal seguitissimo Reader’s Digest, perché un ulteriore studio alla Roosevelt University di Chicago, ha voluto approfondire le analisi, di fatto attenuandone notevolmente i risultati.
Steven Meyers, docente di psicologia, critica infatti lo studio austriaco, per aver trovato solo una “associazione molto piccola” tra il gusto per le cose amare e i tratti cosiddetti machiavellici. “I risultati devono essere interpretati con cautela – ha affermato – e dovrebbero essere replicati più volte da altri prima di meritare credito”.
Non basterebbero insomma né le interviste a mille soggetti adulti sulle loro preferenze di sapore, né i quattro diversi test di personalità per valutare i tratti machiavellici quali narcisismo, psicopatia, sadismo e aggressività.
Il team di Innsbruck sostiene una correlazione tra predilezione per cibi amari (dai ravanelli all’acqua tonica fra le bevande, per esempio) e un “sadismo quotidiano” che include il godimento nell’infliggere moderati livelli di dolore agli altri. E ritiene che le persone che bevono il caffè con latte o zuccherato (e amano altri sapori dolci), tendono ad avere tratti di personalità più gradevoli e inclinazione alla simpatia, alla cooperazione, alla gentilezza. Non solo: suggeriscono che l’associazione cibi amari-tendenze psicopatiche potrebbe diventare cronica e peggiorare nel tempo.
Dall’altro lato lo staff statunitense guidato da Meyer sottolinea come invece le preferenze di gusto siano influenzate dalla nostra cultura ed esperienza personale, non solo dai tratti di personalità, e che comunque tendono a modificarsi con l’età. Da bambini per esempio odiamo le verdure, ma da adulti no (“alla maggior parte delle persone peraltro non piace nemmeno il caffè la prima volta che lo provano” dice).
Senza contare che i bevitori di caffè amaro – aggiunge – potrebbero essere semplicemente più attenti alla salute e alla linea, preferendo evitare di aggiungere zuccheri e grassi.
Ai lettori non resta che compiere privati esperimenti quotidiani.